Come nasce lo streetwear

Lo streetwear è una tipologia di abbigliamento casual, diffusosi a livello mondiale negli anni Novanta del XX secolo. Esso raggruppa capi di vestiario sportivi, comodi ed informali come t-shirts, jeans, sneaker e tute; per i più interessati, che seguono regolarmente i brand del settore e l’uscita delle edizioni limitate, questo stile sfocia nel cosiddetto stile “Hypebeast“.

La nascita dello streetwear è comunemente collocata tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, negli Stati Uniti d’America e più precisamente dalla fusione di due differenti culture: quella hip hop presente a New York e quella surf di Los Angeles. Inizialmente questo stile viene influenzato da diverse correnti già ben radicate come l’heavy metal, il new wave, l’estitica punk e lo street fashion giapponese e numerosi sono i marchi di abbigliamento che prendono parte alla scena.

StreetMagazine racconta che uno dei primi eventi che ha contribuito alla nascita dello streetwear è stata sicuramente la vendita di magliette stampate da parte del progettista di tavole da surf Shawn Stussy: egli mise sulle t-shirts la stessa firma che metteva sulle tavole personalizzate ed aumentando poi le vendite consolidò i tratti caratteristici dello streetwear, magliette ed esclusività.

Allora come oggi i marchi più legati alla scena sono senza dubbio quelli di abbigliamento sportivo come Adidas, Kangol e Nike, i quali si sono uniti a questo scenario nei primi anni Ottanta: un esempio eclatante fu l’inizio della collaborazione tra Nike e l’astro nascente del basket Michael Jordan, evento avvenuto nel 1984 e che rafforzò il predominio di questo marchio nel mercato delle sneaker (caratteristica peculiare dello streetwear urbano) tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta.

All’inizio degli anni Novanta le fiorenti etichette discografiche associate ad artisti hip hop popolari come Delicious Vinyl oppure Tommy Boy Records iniziarono a promuovere capi d’abbigliamento di aziende come Carhartt ricamate con i propri loghi, ma basti pensare anche al produttore discografico Russell Simmons della Def Jam Records che lanciò Phat Farm, la più influente linea di streetwear dei suoi tempi.

Successivamente anche le influenze dello skateboard e del rap presero parte al sempre più chiaro delinearsi dello streetwear ed anche le più grandi aziende sportive professionistiche americane ebbero un incredibile impatto sulla scena: fra gli esempi più eclatanti si hanno le giacche e i cappelli dei New York Yankees oppure dei Chicago Bulls e tutt’oggi sono facilmente distinguibili le maglie oversize di queste squadre.

I più grandi produttori di abbigliamento sulla scena dello streetwear hanno iniziato poi a curare l’uscita di edizioni limitate, sfruttando l’ancora scarsa presenza di articoli in stile streetwear e pubblicizzandoli poi sui social media. A seguire, con il diffondersi della cultura “Bling” (ovvero nello slang diffusosi nel mondo hip hop, l’uso elaborato di gioielleria ed accessori), anche marchi di alta moda, quali Fendi, Burberry e Gucci, colsero l’occasione per inserirsi in un mondo ben diverso dall’haute couture e prendere parte allo scenario hip hop. Possiamo poi citare quella che fu la scarpa più celebre e conosciuta dell’epoca: la Nike Air Force 1, apparsa nel videoclip musicale del rapper Nelly.

All’inizio del nuovo millennio l’affermarsi dello streetwear ha portato allo sviluppo della cultura “Hypebeast“. Questa tendenza si rifà allo stile anni Novanta, con capi di abbigliamento casual, riconoscibili dalla presenza di loghi e marchi. Tra gli hypebeasts vi sono anche i più appassionati, che collezionano scarpe in edizione limitata, perlopiù pezzi unici, difficilmente reperibili, e ai quali ci riferiamo con l’appellativo di “sneaker head“: essi arrivano ad acquistare un numero molto alto di pezzi rari e di alto valore economico.